I nostri mezzi espressivi sono la luce e il suono. Abbiamo lavorato fianco a fianco fin dai primi esperimenti con i nostri rispettivi linguaggi. Le nostre arti si sono fuse in maniera molto naturale perché sono cresciute e si sono sviluppate l'una dentro l’altra.
Ci interessano la spazialità, la multi-dimensionalità, la poliedrìa percettiva. Abbiamo sempre avuto come riferimenti l’arte spaziale e gli ambienti totali, la ricerca nei confronti dell’interazione con il visitatore in un gioco continuo fra realtà e illusione, l’uso del bianco, la perdita dei riferimenti, interventi che non mirano a riempire lo spazio e il tempo ma ad estenderlo, a dilatarlo.
Il nostro lavoro si ispira ed omaggia dichiaratamente la Dream House di LaMonte Young e Marian Zazeela ma attinge ad un bacino più ampio di suggestioni. Più in generale ne sono fonte di ispirazione tutte quelle opere del contemporaneo che hanno nel “luogo” il loro oggetto parlante, che espongono lo spazio stesso, o meglio espongono la percezione di esso. Pensiamo agli Skyspaces o al Roden Crater di James Turrell, alle opere di Olafur Eliasson, o anche alla performance di Stimmung nella cava di Jeita di Stockhausen del 1969, insomma a tutte quelle forme d’arte che sfruttano l’esplorazione cosciente dello spazio acustico, visivo, materico e che incorporano nel messaggio che veicolano la propria stessa presenza e dipendenza dal luogo dove possono essere ammirate, vissute, contemplate. In un tempo in cui la tecnologia sembra aver annullato le distanze il luogo non può che riappropriarsi della sua unicità.
«Mi piace molto lavorare con il gioco fra il senso del reale e l’illusione, fra ciò che ci si aspetta e l’imprevisto, con lo scarto di dimensioni fra macro e micro, ordinario e meraviglioso, artistico e concreto.
Il mio linguaggio ha a che fare con la creazione di “ambienti" avvolgenti, astratti, dentro i quali entrare e immergersi in una sorta di viaggio che lasci più ampia possibile la variabile della soggettività e della ambiguità percettiva. Per far questo uso principalmente la luce e l’ombra, il colore e i materiali che richiamano una sensazione tattile.
In alcuni lavori utilizzo fotografie di dettagli architettonici o di altre opere d’arte o di design che raccolgo nel quotidiano e che poi decontestualizzo in proiezioni simmetriche a tutto tondo, mescolandole e sovrapponendole per affinità di forme e facendole evolvere in continue dissolvenze per generare nuovi ambienti illusionistici o effimeri.
Altre volte sfruttando il contrasto tra luci colorate e ombre interpreto gli ambienti e gli elementi architettonici o scultorei, cercando di avvolgere lo spettatore con le forme che lo spazio offre, ma giocando nell’interfaccia tra enfasi ed ellissi. In ogni caso è importante per me poter “entrare” dentro l’opera d’arte, favorire una sorta di viaggio attraverso mondi altri, pur stando fermi in un luogo.»
- Alessandra Zucchi
«Considero il suono un vera e propria materia da manipolare per creare forme astratte e concepite per essere "esposte" come quadri o sculture.
Sono opere che vanno esplorate, percepite nella loro plasticità, perché la materia di cui sono fatte (il suono) per sua natura non riempie l'aria in maniera uniforme, ma si manifesta con vuoti e pieni, zone di addensamento e rarefazione che si compenetrano sfumando l'una nell'altra. Muovendosi attentamente è possibile distinguere e riconoscerne le forme e le loro collocazioni nei vari punti dello spazio.
In effetti il suono non è propriamente materia e sarebbe più corretto palare di energia, ma per le caratteristiche che assume nella mia ricerca stilistica, mi viene naturale considerarlo un materiale modellabile, al limite del tangibile. Il suono non si può vedere in maniera diretta, ma se attraverso l'udito posso percepirne i volumi, le differenze di vuoto e pieno, ritrovare la loro presenza nello spazio, allora ritengo lecito parlare di forma, di plasticità.
Il suono può essere un’esperienza molto fisica, in questa forma espressiva ho trovato negli anni un linguaggio di cui non vedo ancora il confine.»
- Antonio Della Marina
BIOGRAFIA BREVE
Antonio Della Marina è un artista e compositore di musica elettronica che concentra la sua ricerca sull’esplorazione delle proprietà fisiche del suono e sui sistemi di accordatura derivati dalle leggi degli armonici naturali. Le sue composizioni sono vere e proprie sculture di suono per la cui realizzazione usa astrazioni matematiche e generatori da lui appositamente costruiti.
Architetto e artista multimediale, Alessandra Zucchi lavora principalmente sulla percezione fisica e psicologica dello spazio. Si avvale per la sperimentazione di materiali inconsueti in abbinamento a combinazioni di suoni, luci, colori. Utilizza immagini da lei raccolte e rese astratte per dar vita a trompe-l'oeil scenici totali.
Della Marina e Zucchi privilegiano il linguaggio dell'installazione, le loro opere sono luoghi ove entrare per "mettersi in ascolto" e vivere l'esperienza di un viaggio percettivo in un ambiente totale.
Compagni nella vita e nell’arte, hanno esposto le loro opere in gallerie e festival internazionali tra cui il Pixxelpoint a Nova Gorica, la Lydgalleriet e il Piksel festival di Bergen, Neue Musik in St. Ruprecht a Vienna, Athens Electro Media Works, il Logos Tetrahedron a Gand, la Skolska28 Gallery a Praga e nel leggendario loft di Phill Niblock a New York.
Vivono a Udine, Spazioersetti è il loro atelier/laboratorio d'arte, nonché sede permanente della loro installazione di suono e luce THE DREAM.